Sull'edizione odierna del quotidiano 'La Repubblica' è stato pubblicato un articolo dal titolo "La battaglia antipizzo dei coraggiosi e quella che lucra sui fondi pubblici" a firma di Attilio Bolzoni. Il tema è quello delle risorse pubbliche destinate alla lotta alle pratiche del racket e dell'usura attraverso i PON, piani operativi nazionali. per la sicurezza. Nel testo viene indebitamente chiamata in causa la FAI e la persona del Presidente Onorario della Federazione, Tano Grasso.
Pubblichiamo l'articolo apparso il 10 maggio su La Repubblica. Di seguito la lettera firmata dai famigliari delle vittime di racket - con in testa Alice e Davide Grassi, figli di Libero - e il comunicato stampa del Direttivo della FAI.
Lettera firmata dai famigliari delle vittime di racket
Come familiari delle vittime di racket che hanno provato sulla propria pelle la perdita violenta dei propri cari, ci sentiamo chiamati in causa dalle parole scritte e usate come pietre da Attilio Bolzoni in un articolo pubblicato su “Repubblica” il 10 maggio u.s. Noi, insieme ai testimoni di giustizia, abbiamo titolo per esprimere sdegno per le affermazioni false e calunniose nei riguardi di chi ha costruito in 27 anni, con sacrificio, la storia del movimento antiracket italiano. Ci sentiamo, quindi in dovere di testimoniare solidarietà ed affetto a Tano Grasso. Tano “non è un fantasma”, ma un uomo in carne ed ossa, sempre presente, giorno e notte, al fianco delle vittime di mafia e di camorra. Senza di lui il nostro dolore sarebbe stato ancora più profondo e saremmo stati dimenticati da tutti. Saremmo stati noi “fantasmi” altro che “mortificare l’esperienza di Libero Grassi”. Grazie a Tano Grasso oggi esistono esperienze organizzate e trasparenti che efficacemente lottano contro il crimine organizzato, sconfiggendo solitudine, rassegnazione e paura.
Alice e Davide Grassi, figli di Libero Grassi ucciso il 29/08/1991
Massimo Noviello, figlio di Domenico Noviello ucciso il 16/05/2008
Rita Spartà, figlia di Antonino e sorella di Pietro e Salvatore uccisi il 20/01/1993
Franca Evangelista Giordano, moglie di Gaetano Giordano ucciso il 10/11/1992
Michele Panunzio, figlio di Giovanni Panunzio ucciso il 06/11/1992
Gaetano Saffioti, testimone di giustizia - Calabria
Filippo Nocerino, testimone di giustizia – Campania
Mario Caniglia, testimone di giustizia – Sicilia
Antonio Di Fiore, testimone di giustizia - Sicilia
Comunicato stampa del consiglio direttivo della FAI
La FAI respinge con fermezza le basse insinuazioni e le false affermazioni
contenute nell’articolo apparso sul quotidiano “La Repubblica” in data odierna
a firma di Attilio Bolzoni.
Ha già dato
mandato al proprio ufficio legale per promuovere tutte le azioni civili e penali
a tutela della onorabilità della Federazione e del Presidente Onorario Tano
Grasso.
Per consentire
una corretta informazione precisa quanto appresso.
La Fai è una
associazione di volontari che, al pari delle associazioni che ne fanno parte, assiste e tutela le vittime dei reati di estorsione
ed usura, accompagnandole
alla denuncia ed assistendole in tutte le fasi della loro vicenda.
La necessità
di un contrasto al racket e l’usura, grazie al movimento nato dall’esperienza
Orlandina con promotore Tano Grasso, è stata posta all’attenzione del legislatore
nazionale e di quello comunitario più volte.
Proprio la Comunità
Europea, dalla fine degli anni 90, deliberava di mettere a disposizione dell’Italia
delle risorse per il contrasto al racket ed all’usura, ritenuto fondamentale
per la sicurezza e lo sviluppo del Mezzogiorno vedi Pon 2000/2006.
La necessità
di continuare a sostenere l’Italia nello sviluppo della sicurezza faceva sì che
nel PON 2007/2013 venisse intestata un’intera misura(obiettivo operativo 2.4 )
al Commissario Antiracket che da subito riteneva necessario coinvolgere
l’associazionismo antiracket. Il Ministero degli Interni tramite l’Ufficio del Commissario
Antiracket, invitava a partecipare a detta misura la Fai in quanto all’epoca era
l’unico organismo associativo a rilevanza
nazionale . Questo PON prevedeva che nessuna risorsa venisse destinata
a “fondo perduto” ma le somme venivano corrisposte solo previa rendicontazione con
il sistema cosiddetto “a costi reali”. E ciò passava attraverso un duplice livello
di controlli: quello del beneficiario (l’ufficio del commissario) e dell’autorità
di gestione.
Non solo:
gli operatori del progetto venivano selezionati in forza di un Bando Pubblico,
aperto a chiunque vi volesse partecipare e sulla base del quale veniva stilata
formale graduatoria.
E non basta.
Sul progetto
e sulle somme spese, la Procura della Corte dei Conti svolgeva una indagine conclusasi
con un provvedimento di archiviazione che sanciva l’assoluta legittimità della
procedura e la correttezza dell’operato della Fai. E di ciò si è dato conto in
una audizione del Commissario Antiracket e di Tano Grasso innanzi alla
Commissione Parlamentare Antimafia.
Le affermazioni
dell’articolo sono, quindi, oggettivamente
false, tendenziose e del tutto gratuite.
Ma di ciò i diffamatori, come già detto, saranno chiamati a rispondere nelle
sedi opportune.
E’, invece, assolutamente vergognosa l’affermazione che
l’esperienza di Libero Grassi sia stata “mortificata
da parte degli impresari antiracket”, con riferimento neanche troppo velato
a Tano Grasso.
Un insulto
alla storia, alla vita, alla dignità di Tano che da sempre è stato al fianco
delle vittime che in lui vedono IL punto di riferimento.
Ma proprio questo
il quotidiano la Repubblica dovrebbe saperlo bene, dato che in un articolo a
firma di Giuseppe d’Avanzo pubblicato il giorno 11/04/2008, quando un’altra
campagna diffamatoria era “rotolata” sino all’Espresso, si dava atto che Grasso
“è difeso dalla sua storia, dai
comportamenti quotidiani, dai risultati delle sue fatiche, dalle difficoltà che
il suo metodo di lavoro crea ai mafiosi nei tribunali e non nei convegni”.