In ricorrenza dell’uccisione di Gaetano Giordano, commerciante
barbaramente assassinato a Gela il 10 novembre 1992 per essersi opposto al "pizzo", si terrà un momento commemorativo giovedì 10 novembre alle ore 17:30 presso
la sala convegni dell’Associazione Antiracket in corso Vittorio Emanuele 170 a
Gela.
All’evento saranno presenti Tano Grasso, Presidente Onorario della FAI, Federazione
delle Associazioni Italiane Antiracket e Antiusura, e i rappresentanti locali delle
istituzioni e delle più alte autorità civili e militari.
Gaetano gestiva insieme alla famiglia tre negozi di profumeria in città. Nel 1989,
tre anni prima del suo omicidio, denunciò una richiesta di estorsione. Secondo
quanto riferito da alcuni collaboratori di giustizia, l’omicidio di Giordano fu
decisa tirando a sorte il biglietto sul quale era segnato il suo nome. Dopo le minacce
i criminali incendiarono il suo negozio. Stanco di dover fare i conti con la
mafia, Giordano denunciò tutto ai Carabinieri.
All’iniziativa parteciperanno gli attivisti dell’associazione, intitolata proprio a Gaetano, che da anni si
battono per il contrasto alle varie forme di racket producendo numerose denunce
contro gli estorsori.
«Mio marito era sceso dalla macchina per rendere più agevole
il parcheggio dell’auto che guidava mio figlio Massimo. Stavano facendo dei
lavori lungo la strada e c’erano dei cumuli che dovevano poi servire all’opera.
Gaetano fu colpito con cinque colpi alla schiena. Mio figlio solo ferito, per
fortuna», a raccontare gli ultimi istanti di Gaetano Giordano, commerciante
ucciso il 10 novembre del 1992, è la moglie Franca Evangelista, genovese di
nascita che non ha mai voluto lasciare la Sicilia. Quando fu ucciso Giordano,
la vedova si trovava a Milano per un corso di aggiornamento di cosmesi, visto che
avevano tre negozi di profumeria. Con lei c’era sua figlia Tiziana. Gaetano
Giordano nell’89 denunciò una richiesta di estorsione. «Ci parve la cosa più
naturale da fare», racconta Franca Evangelista che aggiunge «ricordo solo che
quella sera mio marito mi disse: ‘in fondo se mi sparano ho comunque già 50
anni’. Lo hanno poi ucciso a 55. Ora a distanza di anni mi chiedo ancora come
si sia potuti arrivare a tanto». L’omicidio di Giordano, stando alle
dichiarazioni di collaboratori di giustizia fu decisa tirando a sorte il
biglietto con il suo nome (altri 3-4 commercianti che come lui avevano
denunciato erano segnati negli altri bigliettini quindi papabili vittime). Dopo
innumerevoli minacce, gli incendiarono il negozio e gli arrecarono danni per
200 milioni. Stanco di dover fare i conti con un’organizzazione che si
sostituiva allo Stato e pretendeva forse più dello Stato, Giordano denunciò
tutto ai carabinieri. Conosceva la legge della mafia, sapeva benissimo di dover
pagare il pizzo per non incappare in situazioni spiacevoli e pericolose per lui
e per la sua famiglia; conosceva anche la storia di Libero Grassi e ne
ricordava soprattutto l’epilogo, pertanto sapeva a cosa si andava incontro se
si disobbediva alle leggi della mafia, ma tutto ciò non gli importava.
L’uccisione di Gaetano Giordano doveva essere un monito per negozianti e
imprenditori che si rifiutavano di pagare il pizzo, ma da quell’omicidio la
cittadinanza prese coscienza limitando sempre di più gli interessi dei mafiosi.
Articolo a cura di Tina Cioffo per la newsletter 'Linea Diretta'.