Elisa, prima media: «Il coraggio le è venuto dalla famiglia o dai sentimenti che già aveva?».
Melania, quarta elementare: «Cosa significa la parola legalità?».
Michael, quarta elementare: «La polizia sta con te anche la notte?».
Andrea, terza liceo: «Che differenza c’è tra mafia e Stato corrotto?».
Luca, terza liceo: «Io il pizzo lo avrei pagato per avere la tranquillità: è più importante dei soldi».
E ancora Andrea, quarta liceo: «Lei dice di denunciare, ma perché le forze dell’ordine e i politici passano davanti alle ville dei delinquenti e non fanno nulla?».
O Giulia, quarta elementare: «Se tu paghi poi però ti lasciano stare, no? Così compri la tua libertà».Decine di mani alzate. Domande. Racconti. Silenzi. Imbarazzi. Ma anche applausi e sorrisi. Come quando Lucia, 9 anni, chiede: «Ma tu vai in chiesa a pregare che non ti succeda più nulla?».
Sul palco del Teatro del Lido di Ostia Salvatore Castelluccio, parrucchiere e testimone di giustizia arrivato apposta da Napoli per parlare di mafia, camorra, usura, pizzo, lui che da sei mesi vive con la scorta («a volte anche di notte, sì») e che lo scorso agosto ha detto basta, dopo 15 anni, e ha denunciato tutti. Lo racconta qui, a bambini e ragazzi, nel quartiere di Roma affacciato sul mare, dove il municipio (il decimo) è stato commissariato per mafia e dove, forse, più di qualcuno è stato già testimone di episodi di usura e microcriminalità.
«La legalità dovrebbe diventare una materia da studiare a scuola», dice Salvatore invitato a raccontare la sua storia dalle associazioni Fai-Antiusura Ostia Volare Onlus e Libertas insieme per la legalità. Per lui è la prima volta, è emozionato. Tutti lo ascoltano in silenzio quando ricorda quella pistola puntata in faccia mentre gli chiedevano duemila euro al mese di «pizzo». Maria: «Hai avuto paura?». «Certo, ma non volevo perdere la mia dignità e li ho denunciati tutti», risponde serio. «E la tua famiglia? Se fanno del male a loro?». «Ci penserò. Però - aggiunge - se tutti smettono di avere paura e denunciano, sconfiggiamo la mafia». Ma Andrea, 16 anni, rilancia: «Gran parte dello Stato è corrotto, è evidente: se non denunciano loro, perché dovremmo farlo noi?». I suoi compagni applaudono. Sul palco c’è un po’ di imbarazzo. E Salvatore: «Lo Stato siamo tutti noi, non quelli corrotti, se siamo in tanti a dire no al pizzo, aiutiamo lo Stato , cioé noi». Gli adolescenti non sono molto convinti. E interviene la prof: «Certo, lo Stato non è corrotto, ma al decimo municipio non c’eravamo noi, ma politici corrotti». Di nuovo applausi. Che si ripetono però anche quando una maestra risponde a Giulia e alla sua «libertà comprata»: «Tu non paghi la tua libertà, tu paghi la loro prepotenza, e se qualcuno nello Stato è corrotto, voi ragionate sempre con la vostra testa e urlate forte: “Io no”». Applausi.